La definizione della malattia si basa essenzialmente su criteri anatomopatologici, che attribuiscono allo scheletro particolari caratteristiche di fragilità, tali da rendere l’osso a rischio di frattura anche a seguito di traumi di modesta entità.
Tale condizione di scheletro fragile può essere diagnosticata, grazie alle attuali metodiche sensitometriche, anche in assenza di sintomi, quindi anche in assenza di fratture.
Essendo una condizione che predispone al rischio di frattura, ma che non la rende di per sé necessaria per la definizione della malattia, l’osteoporosi può evolvere in modo del tutto asintomatico per lungo tempo, in certi casi anche per tutta la vita.
UN FENOMENO SOCIALE IN AUMENTO
L’osteoporosi – precisa il Prof. Roberto Pessariello, professore ordinario di Radiologia, direttore del Dipartimento di Scienze Radiologiche, Università Sapienza di Roma – è un fenomeno legato all’invecchiamento della popolazione. Per questo ci si può aspettare che i malati di osteoporosi e con fratture aumentino nei prossimi anni.
Poiché l’invecchiamento – aggiunge il Prof. Giovanni Luisetto del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Unità operativa di Endocrinologia, Università degli studi di Padova – è tra le principali cause di riduzione della densità ossea, i paesi con maggior percentuale di anziani sono quelli che risentono maggiormente dell’impatto sociale della malattia.
Le fratture più tipiche a seguito di osteoporosi sono quelle a carico del femore, delle vertebre e del polso.
L’osteoporosi involutiva, la forma che riguarda gli anziani, colpisce almeno il 40% delle donne dopo la menopausa e riguarda fino al 90% degli over 90.
Essendo l’osteoporosi una malattia che coinvolge lo scheletro nella sua interezza, il riscontro di una bassa densità ossea in qualsiasi sede è predittivo del rischio di frattura. In altre parole, quando la massa ossea è troppo scarsa per sostenere sollecitazioni meccaniche minime, si evidenzia una situazione di maggior fragilità dello scheletro.
La bassa densità minerale scheletrica è direttamente correlata al rischio di fratture alle vertebre, al polso e all’anca e rappresenta il maggior fattore di rischio per fratture in queste sedi.
Anche la menopausa precoce è comunemente associata ad un aumento di rischio frattura. Ma questo – chiarisce il Prof. Luisetto – non tanto perché la perdita ossea sia più rapida, quanto piuttosto perché le donne restano per un periodo di tempo più lungo con una massa ossea più bassa.
Infine, l’aver subito una frattura, anche traumatica, prima della menopausa, aumenta il rischio di frattura traumatica dopo la menopausa.
INCIDE SULLA QUALITÀ DELLA VITA
In presenza di osteoporosi i segmenti scheletrici diventano sempre più fragili e possono fratturarsi anche a seguito di traumi modesti. In altre parole, la qualità di vita è pesantemente compromessa nel caso in cui si verifichi la frattura di uno o più segmenti scheletrici, in quanto viene meno anche la loro funzione di sostegno.
Negli anziani, in particolare, l’osteoporosi è subdola proprio perché spesso resta silente a lungo. Quando si manifestano i sintomi, di solito consistono in dolori alle ossa, deformità della colonna vertebrale (più o meno sensibile alla diminuzione della statura) e, nei casi più gravi, fratture.
Spesso il dolore vertebrale può essere confuso con quello dell’artrosi, poiché anche questa patologia spesso affligge gli anziani. Ma sono soprattutto le fratture vertebrali a compromettere la qualità della vita degli anziani. A seguito di queste fratture si verifica una variazione della posizione delle costole, che si inclinano in avanti assieme a tutta la gabbia toracica, che a sua volta si abbassa. In questa situazione si possono manifestare dolori anche molto forti.
Inoltre, il curvarsi della gabbia toracica in avanti ha conseguenze anche sulla funzione degli organi interni, specie sulla funzionalità respiratoria, perché il movimento del diaframma ne risulta in parte ostacolato.
Le sedi più colpite da fratture vertebrali sono le ultime vertebre dorsali e dorsali medie.
Va infine aggiunto che anche la postura cifotica, unita all’andatura spesso più incerta dell’anziano e alla diminuzione del senso d’equilibrio, può causare pericolose cadute, che a loro volta possono portare a fratture di arti, spalla, gomito o, caso ancor più grave, del femore prossimale, cioè dell’anca. Proprio quest’ultima costituisce il più grave pericolo per l’anziano, trattandosi di una lesione molto grave che richiede l’esecuzione di un intervento chirurgico.
Se il ricovero ospedaliero di per sé è relativamente breve, ben più lunga è la fase di riabilitazione, anche se in genere essa ha un buon successo anche nei pazienti più anziani, che di solito riacquistano una buona autonomia.
Vi sono però anche casi più gravi, nei quali l’anziano non riesce più a riacquistare piena autonomia ed è costretto a spostarsi per mezzo di ausili.
Infine nei casi limite è costretto a muoversi in sedia a rotelle e necessita di continuo aiuto a domicilio o di essere ricoverato in una struttura protetta.
OSTEOPOROSI E MAGNETOTERAPIA
La magnetoterapia risulta particolarmente indicata per la cura dei tessuti duri e per i ritardi di calcificazione ossea, come nel caso dell’osteoporosi, di fratture, ecc.
Si tratta di un tipo di terapia che utilizza dei campi magnetici pulsati a bassa frequenza e alta intensità, indicati con la sigla CEMP (Campi Elettromagnetici Pulsati) o PEMF in inglese (Pulsed ElectroMagnetic Fields).
Intensità di solito non superiori a 100 Gauss e frequenze ridotte (non maggiori di 100 Hz) sono oggi alla base della magnetoterapia, una metodica tradizionale, non invasiva e, come già accennato, particolarmente indicata per la stimolazione della rigenerazione delle fratture e per rallentare il processo di diminuzione della densità ossea innescato dall’osteoporosi.
La magnetoterapia può essere applicata o in modo mirato, concentrando l’applicazione su particolari distretti anatomici, o in modo totale, sottoponendo l’intero organismo all’azione benefica dei campi magnetici pulsati.
La prima modalità è applicata in caso di patologie localizzate, dovute a traumi, sovraccarichi o degenerazioni, e nel caso della stimolazione della guarigione di fratture. In particolare, quando è coinvolta la colonna vertebrale (o una sezione di questa) esistono dispositivi specifici che sostengono la colonna e consolidano porzioni di osso.
La magnetoterapia totale, invece, viene impiegata per la stimolazione del riequilibrio dell’intero metabolismo e può favorire il rallentamento della perdita di sostanza minerale ossea dovuta all’osteoporosi.
La magnetoterapia, attraverso i campi magnetici pulsati generati, interagisce con le strutture cellulari, favorendo il recupero delle condizioni fisiologiche di equilibrio.
Agisce sulle membrane cellulari favorendo lo scambio ionico tra i due lati della membrana. Questo porta a ripristinare il corretto potenziale transmembrana che è fondamentale per assicurare l’apporto di nutrienti all’interno della cellula.
Ancora, nel caso delle cellule nervose il più rapido recupero del potenziale di membrana è in grado di aumentare la soglia di percezione del dolore, inducendo di fatto un effetto analgesico.
La stessa azione a livello delle membrane intracellulari porta al ripristino della produzione ottimale di ATP, la molecola che porta energia a tutte le strutture cellulari dell’organismo.
A livello di organi e strutture anatomiche, questi effetti si traducono in analgesia, riduzione dell’infiammazione e stimolo al riassorbimento degli edemi.
Inoltre, i campi magnetici pulsati hanno un particolare effetto di stimolazione della migrazione degli ioni calcio all’interno dei tessuti ossei, che è in grado di indurre il consolidamento della massa ossea e favorire la riparazione delle fratture.
TERAPIA “TOTAL BODY
Come accennato precedentemente, l’osteoporosi è una patologia di tipo sistemico, cioè coinvolge l’intero apparato scheletrico del nostro corpo.
Si rende quindi necessario un trattamento che permetta di intervenire contemporaneamente su tutte le zone coinvolte dalla patologia senza però costringere il paziente a lunghe e scomode sessioni di terapia in cui indossare più applicatori contemporaneamente.
Per trattamenti definiti “total body” vengono in aiuto particolari applicatori come quello in figura.
La terapia avviene attraverso un materassino contenente all’interno diversi solenoidi, in grado di emettere il campo magnetico su una superficie molto vasta.
Uno dei vantaggi principali è quello di rendere possibile la terapia notturna durante il sonno in quanto questo materassino fornisce una comoda superficie piana su cui riposare.
È adatto anche per la terapia diurna in pazienti immobilizzati o per persone particolarmente attive (es. casalinghe, professionisti, lavoratori autonomi, ecc.) che faticano ad effettuare applicazioni per molte ore collegati ad una fascia terapeutica e preferiscono quindi la terapia notturna.
Il trattamento attraverso la magnetoterapia richiede 90-120 giorni e applicazioni di almeno 4-8 ore al giorno, anche suddivise in più applicazioni, oppure eseguite durante la notte. L’intensità può essere regolata in un intervallo tra 50 e 100 Gauss. Il trattamento può essere eseguito anche 2 volte durante l’anno.
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